Il Progressive Rock italiano: Premiata Forneria Marconi (PFM) – Live in USA

Anno di pubblicazione: 1974

Casa discografica: Numero Uno

Produttore: P.F.M., Claudio Fabi

Foto di copertina: Claudio Bonivento

Questo nuovo appuntamento vuole seguire il fil rouge tematico rappresentato dalla musica italiana rock-progressive degli anni ’70, ed è incentrato su un altro album live, questa volta della Premiata Forneria Marconi (PFM): Live in USA del 1974. I motivi di questa personale scelta sono svariati: innanzitutto, come ho anche precedentemente espresso, perché un album live riesce secondo me ad offrire la panoramica cognitiva più genuina che si possa sperimentare su una band, oserei dire su tutti i fronti (capacità tecnica ed espressiva, coesione, intenzione… e chi più ne ha più ne metta). Inoltre, in questo caso, l’album di cui parliamo ha anche una valenza storica particolare, in quanto è stato la rampa di lancio (e anche di immediato ritorno, per scelte strategiche della stessa band) della PFM nel mercato americano. Il disco raccoglie gli estratti da due concerti della tournée negli States che la PFM aveva programmato nell’estate del 1974, sull’onda del successo del precedente esperimento con il mercato britannico, ottenuto con l’album The world became the world pubblicato nel maggio dello stesso anno.

Anche oltreoceano l’impatto fu estremamente positivo, tanto da far entrare Live in USA (intitolato Cook nell’edizione americana) nella Billboard, la principale classifica delle hit discografiche statunitensi, evento tra l’altro mai accaduto prima di allora per un gruppo italiano. Poteva essere l’inizio della scalata al successo e della conquista del pubblico americano, ma la band decise di rientrare in Italia, dopo aver comunque prolungato la loro presenza rispetto ai due mesi previsti inizialmente, organizzando un secondo tour nell’autunno dello stesso anno.

La decisione fu dettata in parte dal senso di appartenenza alla realtà culturale dell’Italia di quegli anni (come dimostrano, e lo vedremo tra breve, i vari richiami e citazioni alla musica tradizionale, popolare e classica del Bel Paese presenti nei brani eseguiti nel live), ma anche dagli estenuanti ritmi previsti dall’organizzazione della tournée (che li vide protagonisti in molti festival accanto a nomi quali Santana, Beach Boys, Allmann Brothers Band, ZZ Top e molti altri). La programmazione arrivava infatti a prevedere spesso l’impegno di sostenere addirittura due concerti in uno stessa giornata.

Veniamo al racconto dell’album. La PFM, formata all’epoca dell’incisione da Flavio Premoli (piano, sintetizzatori e voce), Franco Mussida (chitarre e voce), Patrick Djivas (basso e voce), Franz di Cioccio (batteria e voce) e Mauro Pagani (violino, flauto e voce), si mostra al pubblico americano in forma smagliante, in un susseguirsi tra brani di grande impatto ritmico-sonoro e ballad più romantiche e riflessive, alternando con grande maestria i momenti corali di insieme, le parti improvvisative e gli assoli dei singoli musicisti, tutti delle vere punte di diamante.

L’apertura del disco è affidata a Four Holes in the Ground (rivisitazione con testo in inglese de La Luna Nuova): un preludio dall’attacco potente, ad alto volume e fuochi d’artificio, con maestrali incastri ed arrangiamenti complessi su ritmi dispari, ternari che fanno subito intuire, mettendo le cose in chiaro dall’inizio, di che pasta è fatta questa brillante band di “Spaghetti Rock” (come amavano definire le formazioni italiane, con una punta di scherno, i critici americani del tempo).

Segue un brano in italiano, Dove… Quando (tratto dal primo album Storia di Un Minuto) delicata e poetica ballata che mette al centro la melodia della linea vocale (per sottolineare l’appartenenza, le tradizioni e le origini musicali della band), elegantemente contornata dai ricami al flauto di Pagani.

Un lungo assolo di Mussida alla chitarra acustica introduce poi il successivo brano: Just Look Away (reinterpretazione di Dolcissima Maria), altro pezzo dal carattere intimo, che arriva tuttavia ad un crescendo strumentale finale che fa da preludio alla traccia seguente, una delle hit più famose del gruppo: Celebration (E’ Festa), in cui la manopola del volume è ormai al massimo, e il rock elettrico si fonde con la tarantella in un marchio distintivo di fabbrica della Premiata Forneria Marconi. Ad accentuare ulteriormente questo aspetto, il lungo rimando al tema di “Funiculì Funiculà”, “gridato” a gran voce dal Moog di Premoli, che manda in estasi il pubblico d’oltreoceano. In coda, un altro riferimento, stavolta un’auto-citazione al celebre riff di Impressioni di Settembre chiude epicamente questo medley.

E’ poi la volta di Mr. Nine Till Five, aperto da una pirotecnica introduzione alla batteria di Franz Di Cioccio, a cui segue un complesso arrangiamento degli altri strumenti su poliritmie e virtuosistici fraseggi che, tuttavia, non tolgono aria e freschezza alla piacevole linea melodica della parte vocale. In questo brano la band fonde sapientemente Jazz, Rock,e anche l’atmosfera marziale portata da una marcia militare (che ispira sicuramente il titolo della versione italiana, Generale, tratta dal secondo album in studio della band: Per un Amico), scandita dal rullante della batteria.

Conclude il disco Alta Loma Five ‘till Nine, maestosa opera di improvvisazione e interplay collettivo. La chitarra elettrica di Mussida è assoluta protagonista nella prima parte, raggiungendo vette altissime di tecnica, fraseggio solistico e ispirazione musicale. A questa segue poi una altrettanto ispirata e tecnicamente superba improvvisazione di Pagani al violino (il tutto sempre sostenuto impeccabilmente dalla sezione armonico-ritmica), che porta alla sorpresa conclusiva: l’accenno all’overture del Guglielmo Tell di Rossini, come a voler ribadire per l’ennesima volta le radici culturali e la provenienza del gruppo… E per chiarire al pubblico americano che il rock-progressive si è evoluto anche nella patria del Bel Canto e della musica popolare mediterranea, ed è lì a testa alta, pronto a far infiammare i palchi di tutto il mondo.