“Al Mare Non Importa”, Sperling e Kupfer 2023 – Conversando con Manuel Bova
Del suo romanzo d’esordio, Al Mare Non Importa, edito da Sperling e Kupfer e pubblicato lo scorso febbraio, vi abbiamo già parlato proponendolo come nostro suggerimento di lettura ad inizio luglio.
Inoltre, avuto modo di incontrarlo presso la Libreria Fortuna in occasione di una delle tante presentazioni a giro per l’Italia, non ci siamo fatti sfuggire l’occasione per chiedere a Manuel Bova di intrattenersi a parlare un po’ con noi.
Ciao Manuel, e grazie per aver accettato il nostro invito. Innanzitutto davvero complimenti per il libro che, come abbiamo scritto, ci ha colpito per la sua freschezza ed originalità.
Visto il grandissimo seguito che hai su Facebook, in molti avevano già avuto il piacere di conoscere il tuo stile e la tua ironia attraverso la lettura delle pubblicazioni quotidiane che, nonostante la promozione del romanzo e i numerosi “annessi e connessi”, mantieni sempre costanti, dimostrando una considerevole creatività e una notevole dose di disciplina. Com’è nata la tua passione per la scrittura e quando hai cominciato a pensare che tra una laurea in Ingegneria e le lezioni di Pilates, questa in realtà avrebbe potuto essere la tua strada?
Ho sempre scritto da che ho memoria. Sui diari di scuola alle elementari, ne ho ancora qualcuno, sulla Smemoranda delle medie, sui primi blog. La scrittura ha sempre fatto parte di me. Poi il lockdown l’ha fatta uscire in maniera prepotente, da passatempo è diventata un’occupazione, un modo per tenermi impegnato e mi sono reso conto che quando scrivo sono al mio posto. Da allora so che la scrittura è la mia strada.
Come è avvenuto il grande passo dalla scrittura sui social all’essere pubblicato da una casa editrice come Sperling & Kupfer?
Mi hanno contattato loro. Il mio romanzo era stato rifiutato da un importante agente letterario quindi pensavo non fosse un buon prodotto sebbene alle persone cui l’avevo sottoposto piaceva moltissimo. È rimasto un paio d’anni in un cassetto. Poi una editor di Sperling che non finirò mai di ringraziare, grazie Arianna, mi ha scritto una mail. Tutto è iniziato così.
Il fatto di essere stato cercato, contrariamente a quanto accade per la quasi totalità degli scrittori emergenti, oltre ad costituire motivo di sorpresa e di grandissimo piacere, sarà stata una semplificazione non da poco ma, al di là del primo contatto, com’è stato per te l’impatto con il mondo dell’editoria?
Tosto. L’editoria è un mondo povero, non circolano molti soldi e sono concentrati nelle mani di pochi. Ho fatto un errore: ho creduto che arrivare a un editore così grande volesse dire lasciarsi alle spalle tutta una serie di difficoltà. Purtroppo non è così. Sperling mi consente di arrivare in qualsiasi libreria ma tutta la parte promozionale è sulle mie spalle. Mi trovo le presentazioni, spesso pago viaggio e pernotto di tasca mia e di fatto non è cambiato poi molto rispetto a prima. Un editore grande è una tappa molto importante ma di certo non è un arrivo.
Affascinati da sempre dal “processo creativo” che si nasconde dietro la scrittura, la musica o qualsiasi altra forma d’arte, ti va di raccontarci qualcosa del “making off” del romanzo? Come hanno preso vita i tuoi personaggi e qual è stata l’idea iniziale di partenza da cui poi ha preso forma tutta la storia?
All’inizio mi sedevo davanti al computer e vedevo dove mi portavano le parole. Così come voi l’avete letto parola per parola io l’ho scritto parola per parola. Non l’ho progettato, non ho fatto schemi o studiato a tavolino le evoluzioni della trama. Ho lasciato che la storia andasse dove voleva e mi sono limitato a raccontare ciò che vedevo. Ma la cosa più interessante è che mentre raccontavo i personaggi prendevano vita. È stato davvero potente vedere Massimo, Giovanni, Lorena, Sara, Matteo, Francesca e tutti gli altri diventare persone tridimensionali.
Al di là di Massimo, il protagonista, la storia chiama in scena molti personaggi di contorno che acquistano via via spessore durante la vicenda: ce n’è uno, o più, che ti ha particolarmente divertito delineare?
Il mio personaggio preferito è la zia Sabrina. La conosciamo come un personaggio sempre ubriaco. Zia Sabrina non è mai sobria. A parte in un capitolo dove scopriamo perché è sempre ubriaca. È stato bello “usarla” per mandare un messaggio: quando conosciamo una persona la vediamo per come è in quel momento ma non sappiamo cosa l’ha portata a essere così. La storia di ognuno di noi è spesso tormentata e fatta di alti e bassi. È importante non dimenticarlo mai.
Perché la scelta di un finale aperto?
Perché nel prossimo libro alcuni personaggi li ritroveremo. Sarà una comparsata o poco più ma avremo un’idea precisa di cos’è successo a Massimo. È un meccanismo difficile, deve aver senso anche per chi leggerà solo il prossimo senza leggere Al Mare non Importa. Ma è bello per me raccontare un intreccio tra diversi libri.
Sei soddisfatto del gradimento fin qui ricevuto dal libro? Te lo aspettavi in qualche modo?
Non sapevo cosa aspettarmi. Davvero. Ero esaltato dalle possibilità che poteva offrirmi il più grande gruppo editoriale italiano, ero affascinato dal lavoro che veniva fatto sul libro e dai vari processi decisionali. Ma non sapevo davvero cosa sarebbe successo, se il mio pubblico avrebbe risposto e se ci sarebbe stata curiosità intorno al mio lavoro.
Hai già in cantiere un nuovo manoscritto?
Sì come dicevo prima sto lavorando a un romanzo molto complicato con tre storie estremamente diverse che si avvitano tra loro. Tre personaggi con nulla da spartire che raccontano con uno stile diverso. La protagonista si chiama Nina e già solo raccontare dal punto di vista di una donna è una bella sfida.
Giunto a questo punto, visto anche il riscontro favorevole che stai continuando a constatare giorno dopo giorno, pensi che la tua risposta “defintiva” alla domanda “cosa farai da grande” possa essere: “lo scrittore”? Che ne dici “La accendiamo”?
Per me sì. Però in Italia a poter vivere di scrittura sono meno di dieci persone su per giù. Quindi è un percorso tortuoso. Ma io sono qua per restare. Spero di essere abbastanza bravo per meritarmelo.