Silena Santoni – La mia creatura (2024)

Sicuramente un’autrice che non ama ripetersi, come lei stessa afferma, e infatti, a fine maggio, Silena Santoni è tornata nelle librerie con un romanzo gotico che niente ha in comune con i precedenti se non la capacità della scrittrice fiorentina di tenere il lettore incollato alla pagina e quel sapiente dosaggio tra realtà storica e finzione letteraria che coinvolge ed appassiona.

Protagonista de La mia creatura è Mary Shelley autrice, a soli diciannove anni, di quello che viene unanimemente considerato il primo horror gotico di fantascienza, Frankestein.

Il romanzo della Santoni ripercorre la vita di Mary dalla sua nascita fino alla morte del marito, il poeta Percy Bysshe Shelley, avvenuta quando Mary aveva solo venticinque anni.

Una vita di grandi passioni, quella per la filosofia, per la letteratura (Mary era figlia della filosofa Mary Wollstonecraft, promotrice dei diritti delle donne e antesignana del femminismo, e dello scrittore e saggista politico William Godwin), quella per Shelley, con il quale fuggì appena sedicenne per vivere un amore che oggi definiremmo ossessivo, malato.

Fu però un’esistenza segnata anche da grandissime perdite, ad iniziare da quella della madre che morì pochi giorni dopo averla data alla luce, della sorella morta suicida, di tre dei quattro figli nati dalla relazione con Shelley, oltre ad un aborto che mise a rischio la sua stessa vita, fino all’annegamento del poeta inglese il cui corpo fu ritrovato a distanza di molti giorni sulle spiagge viareggine nell’agosto del 1822.

Il racconto in prima persona, affidato ad un diario, ci racconta però anche la storia di affrancamento di una giovane donna da un certo modo di pensare tipico della società inglese dell’epoca, cui non si sottrae neanche “l’illuminato” pensiero paterno, e una sorta di rivalsa di fronte alle tante sofferenze che la vita le ha riservato.

Così in quell’estate del 1816, passato alla storia come l’anno senza estate, ospite di Lord Byron presso Villa Diodati sul Lago Lemano, insieme al compagno e a John William Polidori, suggestionata dalle discussioni sul galvanismo e dalle letture della Fantasmagoriana e raccogliendo la sfida lanciata da Byron per cui ognuno dei presenti avrebbe dovuto scrivere una storia di fantasmi, Mary concepisce la “sua creatura”: i suoi mostri, i suoi conflitti interiori, le sue angosce sublimano nel Mostro, diventano Frankenstein.

E se storia e fantasia si mescolano costantemente nel romanzo di Silena Santoni, è proprio intorno alle vicende di quella famosa estate, di quel periodo svizzero che la stessa Mary ebbe più tardi a definire come “il momento in cui passai dall’adolescenza all’età adulta”, che tale intreccio raggiunge l’apice, tingendosi di toni cupi e atmosfere angoscianti, fino a disvelare un segreto indicibile.