A Volterra alla scoperta di un’antica maestria: lo Studio d’Arte di Ilaria Brotini
Visitare Volterra è come scoprire una gemma preziosa.
Adagiata su una collina panoramica dell’Alta Val di Cecina, mantiene intatto il fascino di una storia antica e passeggiare tra le sue mura regala l’esperienza di un viaggio nel tempo.
Città etrusca, di quell’epoca conserva gran parte della possente cinta muraria, la porta Diana, Porta all’Arco e l’acropoli; subito fuori l’attuale porta Fiorentina, si offre allo sguardo il teatro romano di età imperiale, uno dei più belli e meglio conservati d’Italia.
Poi i tesori medievali: la cattedrale di Santa Maria Assunta, la Fortezza medicea e la bellissima Piazza dei Priori, cuore della città su cui si affacciano l’omonimo palazzo e il Palazzo Pretorio e, ancora, un ulteriore passo nel tempo con il rinascimentale Palazzo Incontri-Viti.
Parte integrante della storia di questo bellissimo borgo toscano è la sua tradizione artigianale che vede nella lavorazione dell’alabastro il suo punto di forza e una produzione unica al mondo.
Impossibile non rimanere affascinati dalla maestria di questi artigiani che mantengono viva un’arte millenaria intenti a lavorare nelle loro botteghe, ed è proprio entrando in una di queste che abbiamo conosciuto Ilaria Brotini, il suo Studio d’Arte (Sito ufficiale) e, soprattutto, la sua grande passione per questo antico mestiere.
Varcata la soglia, con le sue caratteristiche pedate bianche, Ilaria ci ha accolto con grande disponibilità e simpatia, raccontandoci la sua storia e consentendoci di respirare l’atmosfera della bottega artigiana tradizionale.
Com’è nata la tua passione per questo mestiere? Qui a Volterra c’è una tradizione che si tramanda di generazione in generazione, è stato così anche per te?
Assolutamente no, anzi io sono l’unica degli artigiani della cooperativa di cui faccio parte, la Cooperativa Artieri Alabastro, a venire da fuori.
Ho alle spalle una formazione di tipo artistico, prima al liceo poi all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove ho seguito l’indirizzo scultura; poi in Spagna, a Barcellona e, subito dopo l’università, a Pisa per studiare grafica pubblicitaria presso Formatica S.r.l. e ancora di nuovo a Firenze, alla Cappiello, per un corso di interior design.
Il mio percorso professionale mi ha portato però inizialmente verso altre esperienze lavorative. Da ultimo, prima di cimentarmi in questa nuova avventura, ho avviato un’azienda agricola con mio padre a San Miniato, ed avevo in mente di aprire a dei laboratori artistici proprio all’interno dell’azienda agricola.
E poi cos’è successo?
Per puro caso, circa sei anni fa, cercando su internet concorsi per fotografia cui in passato avevo partecipato, mi capitò sotto gli occhi un corso di venatura del CNA di Pisa, che si teneva qui a Volterra, per diventare addetto alla lavorazione di alabastro e che forniva un approccio formativo a tutto tondo.
A Volterra ero già legata affettivamente, perché qui ci venivo la domenica con i miei nonni, quindi decisi di provare: 900 ore di corso, 8 ore al giorno per cinque giorni a settimana, su e giù in motorino da San Miniato e, potrei sembrare folle, non mi pesava per niente.
Gli insegnanti erano proprio gli artigiani e gli artisti di Volterra, ci fu anche uno stage presso Alab’ Arte che è una bottega favolosa del centro storico. Fu un’esperienza bellissima e alla fine del corso ero disperata perché stavo vivendo la conclusione come la fine di tutto. Gli ultimi due giorni mi fu regalato un pezzo di agata splendido e in quei due giorni, così quasi estemporaneamente, ne ricavai questo volto di donna (Foto 1).
Il commento degli artigiani fu “Oh bimba, apri bottega perché questa è la tua strada!”
E quindi hai aperto bottega…
La bottega in realtà l’ho aperta un paio d’anni fa, grazie ad un bando del Comune. Volterra per me è bellissima e poter camminare per le strade e fermarsi a scambiare due chiacchiere con gli altri artigiani mi fa sentire parte di una famiglia.
Così mentre tanti giovani lasciano Volterra, io e il mio ragazzo, che è dei dintorni di Bergamo, ci siamo trasferiti qua.
È stato difficile muovere i primi passi?
Fondamentale è stato l’aiuto della Cooperativa Artieri, una presenza storica qui a Volterra, e che il prossimo anno festeggerà i 130 anni di attività. Siamo all’incirca 25 artigiani a far parte di questa realtà, ognuno con la propria specializzazione. Come dicevo, io sono l’unica che viene da fuori Volterra, non sono figlia d’arte e il supporto degli altri artigiani della cooperativa ha significato molto per me, anche solo per reperire gli attrezzi del mestiere, cosa di per sé non semplice perché ormai sono strumenti che non si trovano più, come ad esempio le scuffine che ogni artigiano faceva da sé in base all’utilizzo.
Hai una specializzazione particolare?
Io ho preso un ramo che andava perdendosi, come ad esempio è scomparsa la maestria dell’intarsio dell’alabastro di cui potete vedere degli esempi meravigliosi a Palazzo Viti, e sono subentrata ad un anziano artigiano specializzato in ornamenti di vario genere.
Perciò, in generale, mi occupo di ornato di grandi dimensioni, quindi vado a mettere le mani su pezzi già torniti per fare il decoro, tutto a mano e, in questo, la grafica mi aiutato molto: ad esempio questo lampadario l’ho spartito tutto ad occhio perché ancora non avevo gli strumenti adatti e sono andata comunque bene (Foto 2).
In genere lavoro su commissione: a volte ho carta bianca altre volte ho una foto o un disegno come riferimento, comunque sempre senza misure (Foto 3 e 4). Molti di questi lavori vanno all’estero, soprattutto in America .
Poi faccio un po’ di tutto: personalmente mi piace molto dedicarmi ai volti (Foto 5), talvolta mi vengono commissionati lavori che possono essere parti del corpo, ritratti, idee per regali personalizzati e non ultimi ci sono i lavori di restauro su pezzi antichi.
In generale mi piace sperimentare e sono ancora alla ricerca della mia cifra stilistica, in fondo sono passati solo due anni dall’apertura della mia bottega e ho ancora tanta strada da fare.
L’alabastro di Volterra è considerato uno dei più pregiati. Come mai?
Si tratta di un tipo particolare di alabastro, di origine gessosa, definito proprio “l’alabastro gessoso di Volterra”. I suoi microcristalli sono molto vicini tra loro e conferiscono alla pietra una trasparenza ed un fascino unico.
L’alabastro spagnolo, ad esempio, è simile ma non altrettanto piacevole da lavorare e, per il mio mestiere, la qualità della pietra è fondamentale.
Le venature poi dipendono dal terreno perché si tratta di una pietra molto porosa. Allo stesso tempo si può giocare con le colorazioni: pensate che nel 19° secolo l’alabastro veniva spesso spacciato per avorio con un procedimento lunghissimo che è andato perso nel tempo oppure, colorato di verde, veniva usato per imitare la giada.
Nei pressi di Volterra ci sono alcune cave, e lo troviamo anche in natura, nel terreno, ma certo non è infinito e anche per questo io non butto via mai niente, neanche il più piccolo frammento di scarto.
Quanto è cambiata nel tempo, se è cambiata, la strumentazione?
La lavorazione dell’alabastro a Volterra risale all’epoca etrusca, i Romani lo utilizzavano al posto del vetro perché costava meno, al contrario di adesso. Gli attrezzi del mestiere più o meno sono sempre gli stessi, di meccanizzato c’è poco o niente (Foto 6-7-8).
Alcune volte si può utilizzare il martellino da marmo se la pietra lo permette, sennò si procede a mano con raspe e scuffine; alcuni lavori sono fatti interamente a ferrino (Foto 9) e devo dire che la lavorazione a mano è la più bella e ti consente di lavorare nel silenzio (Foto 10).
Come vedi il futuro di questo mestiere?
Per fortuna c’è ancora richiesta: come Cooperativa Artieri partecipiamo a fiere come la MIDA di Firenze e ci sono tanti progetti che spero consentano di continuare questa tradizione, di cui si è persa però l’idea di imparare a bottega da un altro maestro artigiano, come avveniva in passato.
Ci sono lavori cui sei particolarmente legata?
Sì, il volto di donna realizzato con il pezzo di agata regalatomi alla fine del corso di formazione. L’anno scorso, proprio a Firenze, un americano mi ha offerto una somma ragguardevole per quel volto, ma io ho rifiutato, a costo di sembrare pazza: per me quell’opera ha un significato particolare: questa mia avventura è iniziata da lì e spero possa continuare a lungo.