“Guarda dove vai”, Bookabook, 2023 – Intervista a Daniele Pratesi
Lieti di ricevere sempre più spesso i vostri contatti, ci fa molto piacere cominciare il 2023 con una nuova intervista ad uno scrittore emergente. Uscirà infatti in questi giorni (il 26 gennaio) il primo libro di Daniele Pratesi, Guarda dove vai, una raccolta di sedici racconti brevi, edita da Bookabook.
Ciao Daniele e grazie di essere qui con noi. Entriamo subito nel vivo, iniziando dal titolo. Gli appassionati di musica rock non faranno fatica a correre con la mente all’omonimo brano di Vasco Rossi, di cui tu stesso, peraltro, citi una strofa ad inizio libro; perché proprio questo titolo?
Ciao e grazie a voi per il vostro tempo. Ho ragionato molto sul titolo che potevo dare al libro, poi d’un tratto mi sono saltate in mente le frasi di quella canzone: “prenditi quello che sei e non rimpiangerti mai….prenditi quello che vuoi e non nasconderti mai, guarda le spalle che hai, forse ce la farai”. Ecco, così come nel racconto breve, nella musica rock si trova spesso solo la punta dell’iceberg, il cuore di ciò che si vuol dire, il resto rimane sommerso. Nel particolare, questa canzone ha una carica emotiva fortissima, non solo nelle poche parole ma anche nel suono. L’ho sempre percepita come un appiglio al quale sostenersi nei momenti difficili. Esci dall’ascolto con una speranza ancora viva, credendo di nuovo in te stesso, ed è quello che succede ai personaggi dei miei racconti. Vivono la quotidianità cercando di combattere con le delusioni e le difficoltà, mettendosi in discussione per poi ripartire.
Il libro contiene sedici racconti brevi, in alcuni casi brevissimi, che ci hanno dato, ciascuno singolarmente, l’impressione di poter benissimo essere l’incipit di altrettanti romanzi. Quella di condensare, in poche pagine, brevi spaccati di vita apparentemente molto diversi e distanti tra di loro, è stata una scelta iniziale ben precisa o si è venuta formando durante la scrittura?
Sono felice di questa domanda. È verissimo, molti potrebbero essere degli incipit, ma ne parlerò più avanti… Per quanto riguarda il fatto di condensare in poche pagine spaccati di vita diversi tra loro, non è stata una scelta. Scrivo racconti sulla base di impulsi o aneddoti, niente è programmato, nemmeno la tensione della storia stessa o la trama in sé. Così, negli anni mi sono ritrovato con una serie di storie alle quali volevo dare un “vestito”, e Guarda dove vai mi è sembrato quello giusto.
Nella sinossi del libro si legge: “Persone comuni alle prese con la vita di tutti i giorni si ritrovano a discutere in un bar di Milano, in un diner in California, nella Gerusalemme sotto assedio oppure durante un viaggio on the road nel nord Europa. I chilometri che le separano e le differenze culturali si annullano davanti a un desiderio comune: la felicità, che risiede nel ritrovamento di ciò che è andato perduto. Storie e personaggi si susseguono in una corsa senza sosta verso la riscoperta di luoghi amati, libertà negate e incontri desiderati, percorrendo inevitabilmente il loro cammino”.
Durante la lettura ci è parso che la ricerca della “felicità” sia piuttosto la ricerca di un modo per restare in piedi, per andare avanti, talvolta trovando rifugio o sfogo in ambiti che non rubricheremmo esattamente come strumenti di felicità, come ad esempio in Fumi dell’alcol o in Mary Lou chiuse gli occhi. Che ne pensi di questa chiave interpretativa?
Faccio una premessa: nel libro sono presenti racconti che spaziano in diversi generi narrativi, c’è anche un noir, che più precisamente è un hard boiled alla Raymond Chandler, oppure un racconto erotico-comico, ma in tutti è sempre presente il realismo. Un po’ come i quadri di Edward Hopper, il quale aveva l’obiettivo di catturare l’essenza della vita quotidiana e riprodurre la vita interiore delle persone ordinarie. Mi sono chiesto qual è, per queste persone comuni, anche di ambientazioni diverse, l’idea di “felicità”, l’essenza della vita, appunto. Credo sia molto difficile rispondere. È vero, molti personaggi delle mie storie cercano solo un modo per non cadere ed andare avanti, ma forse risiede proprio lì quel sentimento di felicità. Nel caso specifico, in Fumi dell’alcol c’è un uomo che non riesce a scrollarsi di dosso il dolore della perdita della persona amata: la vendetta non rappresenta sicuramente la felicità, e infatti non riuscirà poi a pugnalare l’assassino. E come giustamente interpretate voi, quell’uomo sta cercando solo un modo per andare avanti, ma allo stesso tempo ritrova ciò che è andato perduto. Lo ritrova lì, al bancone con il suo amico, quando pensa alla donna amata e racconta di lei. In quei momenti è come se quella donna fosse ancora viva in lui. È questo il suo desiderio di felicità: fare in modo che lei non se ne sia andata del tutto.
In Mary Lou chiuse gli occhi, la protagonista, invece, vive proprio dentro il suo desiderio di felicità campando di espedienti e stando accanto all’uomo dei suoi sogni: un uomo attraente, pronto a regalarle una vita alle Hawaii e chissà cosa.
Fra i racconti del libro, ce n’è uno cui ti senti particolarmente legato, per il suo significato o semplicemente per ciò che per te ha rappresentato scriverlo?
Questa è una domanda molto difficile. Voglio bene ad ogni parola di quelle storie. Sul serio, scrivere è anche riscrivere. Dietro ogni racconto, c’è un lavoro di revisione incredibile. Dico sempre che scrivere racconti è un po’ come fare il sarto: si deve lavorare sui dialoghi, sulla parola e poi “cucire” tutto affinché tu possa arrivare al lettore. Di conseguenza, ti affezioni a tutti i racconti. Posso, però, dire che sono molto legato a Tutto e niente: il primo racconto che mi ha pubblicato una rivista letteraria. Quello che mi diverte più di tutti, invece, è Mary Lou chiuse gli occhi: quando lo leggo mi sembra di essere lì sul divano preso a guardare un film, uno di quelli americani in seconda serata.
Qual è stata la tua esperienza di scrittore alle prese con la pubblicazione del suo primo romanzo? Nell’immaginario collettivo c’è l’idea che riuscire a farsi notare da una casa editrice, non sia questione da poco…
Già, anche per me valeva lo stesso. Vedevo lontana una casa editrice interessata ai miei scritti. Poi, un giorno mi sono detto: perché non provare? Allora ho proposto il manoscritto ed è andata bene.
L’esperienza è stata bellissima, per niente stressante. Avevo già i miei racconti. Solo dopo è arrivata la voglia di raggrupparli. Nemmeno ci pensavo più quando la casa editrice mi ha risposto. Credo che il segreto sia quello di scrivere solo per passione, per il bisogno di farlo, senza l’idea di una pubblicazione.
Parliamo per un momento della casa editrice Bookabook che, come si legge nella prefazione, interpreta un “nuovo modo di vedere l’editoria”, coinvolgendo il lettore nel progetto editoriale. Puoi raccontarci qualcosa di più in proposito?
Volentieri. Bookabook mi ha colpito subito dopo averla scoperta. Inizialmente, se ritengono valido il manoscritto, ti scelgono loro. Poi, entrano in gioco i lettori. Hai un obiettivo: se riesci a raggiungerlo sarai pubblicato. Tutto questo l’ho trovato geniale. Io scrivevo già racconti, anche per qualche rivista letteraria, in questo modo avrei potuto dare la possibilità a chi mi aveva già letto, o a chi mi conosceva già, di aiutarmi in questa avventura. Il risultato è stato incredibile: tantissime persone hanno creduto in me, e il libro è diventato realtà.
Hai già in testa, oppure pronto nel cassetto, un nuovo manoscritto?
Sì, c’è un romanzo che sta nascendo. E il bello è che, come dicevate voi, sta prendendo forma proprio sulla base di uno dei racconti di Guarda dove vai.
Ti ringraziamo Daniele per la tua disponibilità, augurandoti che questo nuovo anno possa essere ricco di grandi soddisfazioni, letterarie e non.