Daniele Pasquini – Selvaggio Ovest (2024)
Maremma, fine ‘800.
Giuseppe, detto Penna, e la moglie Leda vivono e lavorano presso la tenuta La Trappola. Non hanno figli ma il loro desiderio viene esaudito da un destino beffardo: la malaria si porta via un mandriano della masseria e la moglie, lasciando orfano il loro piccolo appena nato.
Donato è il nome che Leda sceglie per quel figlio inatteso e benedetto che crescerà sotto lo sguardo vigile di Penna, fino a diventare un giovane uomo, pronto ad affiancare il padre nel lavoro di buttero.
Quando il brigante Occhionero cercherà di rubare un cavallo della tenuta, Giuseppe e Donato saranno loro malgrado responsabili della sua cattura, un affronto imperdonabile che esigerà vendetta.
Non molto lontano, tra le ceneri di una carbonaia, cresce la disperazione silenziosa di Gilda, poco più che bambina, sacrificata dal padre alle voglie di Occhionero e dei suoi complici, in cambio di pochi denari.
Questa l’avvio di Selvaggio Ovest pubblicato a gennaio di quest’anno, un romanzo che, a nostro avviso, si presta a più chiavi di lettura.
È un racconto corale in cui le vicende dei diversi protagonisti s’intrecciano con la Storia, quella della Maremma del neo Stato unitario e degli eventi legati all’arrivo in Italia del Wild West Show di Buffalo Bill.
È un romanzo di sopravvivenza in una terra “di frontiera”, abbandonata a se stessa da Dio e dagli uomini, dove la vita deve fare i conti con una natura a tratti generosa e rassicurante, ma più spesso pericolosa e mortale, e con la presenza ambivalente dei briganti, imprevedibilmente capaci di offrire protezione come di depredare e uccidere.
È un tratteggio di caratteri forti, vite semplici, legami profondi, sentimenti espressi silenziosamente attraverso il valore dei gesti.
È una storia d’avventura che, nel suo snodarsi, ci accompagna attraverso i meravigliosi scenari naturali della Maremma, in un crescendo che troverà la sua risoluzione solo nelle ultime drammatiche pagine, regalandoci una romanzo poliedrico e avvincente.