Michel Jean – Kukum – 2024

Mi divertivo ad ascoltare l’eco della mia voce perdersi fra le montagne. Thomas mi osservava sorridente, senza mai perdere un colpo di pagaia. Mi aveva descritto questo mondo ed ora lo scoprivo con tutti i sensi all’erta: l’odore speziato dei pecci, l’azzurro profondo del fiume, il sole incandescente, la frescura dell’aria che scende dai monti, il mormorio della canoa sull’acqua.”

Alla fine del percorso si trovava il lago stretto che mi aveva descritto Thomas, al di là delle vette che si stagliavano all’orizzonte. A quindici anni era ancora facile sognare. Ma ciò che stavo per scoprire era ben più maestoso di tutto quel che avrei potuto immaginare.”

Canada, fine Ottocento.

Almanda ha solo quindici anni quando incontra Thomas, un giovane innu spintosi nei pressi del suo villaggio, a caccia di otarde.

Quel giovane dalla pelle ambrata, poco più grande di lei eppure già così uomo, le racconta della sua famiglia, della caccia, di una vita che segue l’avvicendarsi delle stagioni; le parla di orizzonti immensi, della foresta, dei fiumi e dei laghi del Nitassinan.

Quando le chiede di seguirlo, Almanda non esita: lei, rimasta orfana di entrambi i genitori appena giunta in Canada dal vecchio Continente e cresciuta fino a quel momento con gli zii, sente che Thomas sarà la sua famiglia, che la vita al suo fianco avrà il profumo degli abeti, il fragore delle cascate, la grandezza delle montagne innevate, l’infinito dei cieli stellati. Della sua esistenza precedente Almanda conserverà un unico bene, preziosissimo: i libri.

Attraverso la voce narrante della sua bisnonna, Michel Jean ci regala un romanzo che ha la forza di una storia vera e la dolcezza di una favola. Gli occhi e i ricordi di Almanda, ci conducono in un mondo lontano, fondato sull’appartenenza dell’uomo al territorio e non del territorio all’uomo. Ci raccontano di una vita nomade che segue il ritmo lento e circolare delle stagioni, che non contempla accumulo né spreco, che rispetta la natura e onora l’anima degli animali uccisi durante la caccia.

Un popolo che si esprime attraverso un linguaggio estremamente complicato per ampiezza e complessità di lessico e che tuttavia costruisce nel silenzio la profondità delle relazioni e la comprensione reciproca. Una cultura considerata “selvaggia” che si è cercato di estirpare anziché preservare, ma che al contrario ha molto da insegnarci .

Kukum è la storia di una donna incredibile che scelse di diventare innu, abbracciando lo spirito di libertà di quel popolo e che, nella sua lunghissima esistenza, ha visto il progresso portarle via il territorio, abbattere la foresta, decimare gli animali, inquinare le acque cristalline di fiumi e laghi; ha visto la sua gente rilegata nella riserva, ha assistito alla cancellazione di un mondo che il suo spirito combattivo non ha mai smesso di difendere, con quella forza e dignità che l’hanno accompagnata per tutta la vita.