Il Progressive Rock italiano – Area(A)zione
Anno di pubblicazione: 1975
Casa discografica: Cramp Records
Produttore: Area
Come promesso nel nostro primo post, eccomi a raccontarvi brano per brano il live Are(A)zione degli Area. La formazione del gruppo è il solito granitico quintetto, composto da Giulio Capiozzo (batteria e percussioni), Ares Tavolazzi (basso, contrabbasso, tromba e trombone), Patrizio Fariselli (pianoforte acustico ed elettrico, sintetizzatori) Paolo Tofani (chitarra e sintetizzatori) e Demetrio Stratos (voce e organo Hammond). La raccolta dei brani comprende alcuni tra i pezzi contenuti nei precedenti album realizzati in studio.
Il live si apre con Luglio, Agosto, Settembre (nero), tratto dal primo disco Arbeit Macht Frei, che, tramite l’evocazione della drammatica situazione del popolo palestinese, si eleva a punta di diamante della vena socio-politica di cui sono spesso permeati i testi delle canzoni degli Area. Nota assolutamente non a margine, anzi da ricordare, è che il testo della canzone è opera di Gianni Sassi, lungimirante fondatore della casa discografica Cramps che produsse gran parte dei lavori degli Area.
Il secondo brano è La Mela di Odessa, altra metafora politica, introdotta da queste parole di Demetrio Stratos: “Questo pezzo trae spunto da un fatto successo nel 1920, cioè quando un artista, un dadaista di nome Apple dirottò una nave tedesca regalandola ai russi, che avevano appena fatto la rivoluzione. La portò ad Odessa, i russi fecero una grandissima festa, fecero saltare sia la nave sia i tedeschi, e questo pezzo si chiama La mela di Odessa”. Nei suoi oltre undici minuti di durata, il pezzo inizia con una parte strumentale in cui si alternano momenti di ispirata improvvisazione e sperimentazione a sezioni strutturate, fraseggi e soluzioni poliritmiche di una tale complessità che potrebbero, a tratti, quasi far perdere l’orientamento all’ascoltatore, se non fossero eseguite con una tale naturalezza da scorrere con assoluta chiarezza e semplicità, sorrette dalla straordinaria, immensa solidità della ritmica di Capiozzo. Questa parte introduttiva (che da sola varrebbe un pezzo a sé), viene seguita da un simpatico sketch in cui Fariselli mangia di gusto una mela vicino al microfono, facendo percepire tutte le conseguenti sfumature sonore al pubblico che apprezza divertito. La parte successiva del brano vede protagonista il testo, prevalentemente recitato da Stratos, accompagnato in sottofondo da un solido riff melodico, che narra le avventure, tinte di citazioni allegorico-politiche, di una mela in compagnia di una foglia, alla scoperta di situazioni e luoghi metaforici “dove il mondo diventa mancino”…
La terza traccia, Cometa Rossa, è un altro potente manifesto dell’anima musicale e comunicativa degli Area: la cometa rossa che cuce la bocca ai (falsi) profeti e indica la via della libertà è infatti il simbolo della rivoluzione e, in particolare, del movimento culturale che si stava affermando in quegli anni. Il testo è scritto e cantato in greco da Stratos (nato da genitori greci ad Alessandria d’Egitto, aspetto che riesce bene a rappresentare il multiculturalismo che ha, da sempre, caratterizzato l’attività e la vena ispiratrice del gruppo). Anche qui un’introduzione strumentale: una voce sintetizzata dell’ARP Odissey di Fariselli viaggia in solitaria su scale orientaleggianti, seguita a breve da una parte strumentale di insieme dal grande impatto sonoro in un crescendo di intensità, scandito da una ritmica “pluri composta” (per usare le stesse parole di Stratos nella presentazione del brano). Improvvisamente, la tensione cala lasciando spazio ad un evocativo disegno arpeggiato dalla chitarra di Tofani che introduce la voce di Stratos. E qui una parentesi dovuta: Demetrio Stratos incarna per me (e non solo, sono sicuro) uno dei più grandi talenti, se non la più grande voce maschile che la musica leggera italiana abbia mai avuto. Riuscì a spingersi talmente avanti nello studio, nella ricerca e nella sperimentazione della vocalità e nell’uso di tecniche che riescono a portare al limite espressivo lo strumento voce, che anche se strappato alla vita a soli 34 anni da una gravissima forma di aplasia midollare, riuscì a cristallizzare nei suoi lavori e nelle sue incisioni (anche da solista) una monumentale opera che ha portato la sua voce a vette espressive e artistiche ancora inarrivate. Non a caso, John Cage (uno dei più importanti compositori e teorici della musica contemporanea del Novecento) gli ha dedicato un famoso mesostico, scritto nel 1991, in cui celebra le grandi potenzialità della sua vocalità. Tornando al brano, l’atmosfera che riesce a ispirare la voce di Stratos mentre canta il testo in greco di Cometa Rossa, tra le sue diplofonie, triplofonie (apprese studiando tecniche tradizionali dei monaci tibetani) e la generale potenza espressiva, porta l’ascoltatore in una dimensione sonora quasi atemporale ed eterea, di grande fascino evocativo. Un rabbioso acuto finale richiama poi la parte introduttiva strumentale che conclude il brano con un crescendo epico.
Segue il pezzo che dà il titolo a tutto l’album, Are(A)zione, appunto. Un lungo viaggio in un interplay improvvisativo tra i musicisti della durata di quasi quindici minuti, in cui gli Area danno ennesima prova di estrema abilità tecnica ed espressiva, anche e sempre a servizio della sperimentazione e dell’improvvisazione.
A chiusura, un arrangiamento sorprendente dell’Internazionale, il più famoso inno del movimento socialista e comunista, in cui (anche qui, c’era da aspettarselo…) la riconoscibilità del celebre tema viene ben presto destrutturata per lasciare spazio a frammenti di improvvisazione che, dopo aver toccato punte estreme, quasi di free-jazz, convergono di nuovo in una solenne riesecuzione del tema finale. Alcune leggende del mondo internauta (di cui il sottoscritto tiene a precisare che non è riuscito, ahimè con rammarico, a trovare ulteriori e più solide conferme storiografiche a riguardo) narrano che quando la presente versione del brano fu fatta ascoltare al dittatore comunista rumeno Nicolae Ceausescu, questi commentò con disprezzo: “E’ una vergogna!”.
Epilogo finale, questo, per affermare che (o meglio domandarsi se): “Gli Area: o si amano o si odiano?”, “La musica degli Area è complessa e difficile da capire?”, “Gli Area erano talmente avanti per la loro epoca (da esserlo quasi paradossalmente ancora di più nella nostra)…?”, e chi più ne ha più ne metta. Forse tutte o nessuna di queste. Sta di fatto che ritengo Are(A)zione un capolavoro di tecnica, interplay ed espressività, nonché uno dei migliori dischi degli Area. Insomma, un invito all’ascolto assolutamente consigliato.