Il rock tra musica e impegno sociale: I grandi eventi
Al termine di questo breve viaggio a ritroso con il quale abbiamo cercato di ricordare alcuni tra i maggiori contributi che la musica rock ha saputo esprimere in termini di impegno civile e sociale, dagli U2, a John Lennon, a Bob Dylan, vogliamo concludere il nostro excursus soffermandoci su quei grandi eventi che, a partire dalla fine degli anni ‘60, sono riusciti a coinvolgere moltissimi artisti di fama internazionale, nella prospettiva di contribuire alla nascita di un progetto comune: un mondo nuovo, edificato sui valori della pace, del rispetto reciproco, della solidarietà e, più in generale su una società costruita su valori più equi.
Woodstock, Monterey e l’Isola di Wight sono i luoghi che, negli anni ‘60, hanno ospitato Festival musicali tra i più grandi e famosi di tutti i tempi, concerti e non solo che, nell’immaginario collettivo, rappresentano ancora oggi lo specchio di quell’epoca.
Centinaia di migliaia di persone vi presero parte, basti pensare a Woodstock dove, nell’agosto del 1969, si radunarono oltre 500.000 spettatori.
Furono 3 giorni, dal 15 al 18 agosto, (ndr: si suonò anche la mattina del 19) di musica rock, “An Acquarian Exposition”, definizione data all’evento dai promoters, ma non si trattò solo di questo. Foto e filmati testimoniano appieno tutti gli elementi della cultura hippie del tempo: musica – folk, rock, psichedelica, funky – libertà, ma anche disinibizione ed eccessi, ad iniziare dall’abbondante uso di droghe.
Testi e titoli di canzoni facevano da specchio alla filosofia controculturale del tempo, era finito il sogno americano e nasceva un nuovo movimento che si ispirava a valori di amore e spiritualità.
Tantissimi gli artisti che presero parte a questa manifestazione, da Jimi Hendrix, (indimenticata la sua versione dell’inno americano con suoni strazianti della chitarra ad evocare il suono delle bombe, in segno di protesta contro la guerra), agli Who, a Joan Baez, incinta di 6 mesi, a Joe Cocker, con la sua memorabile versione di With a little help from my friends, da Santana al travolgente funky rock degli Sly & The Family Stone.
I pochi giornalisti dell’epoca furono invitati, dai loro redattori, a descrivere il Festival come un “pericolo sociale”: droghe, strade bloccate e giovani allo sbando; in realtà tutto si svolse senza particolari incidenti. Niente a confronto con il concerto del 1999, sempre a Woodstock, che risultò putroppo teatro di gravissimi incidenti, stupri e incendi.
Precursore di Woodstock fu il Festival di Monterey del 1967: anche in questa occasione l’affluenza fu altissima: più di 200.000 persone e l’’incasso fu devoluto in beneficenza. Vi presero parte artisti come Simon and Garfunkel, The Who, una debuttante Janis Joplin e uno scatenato Jimi Hendrix, che dette fuoco alla chitarra, The Mamas & The Papas, The Byrds, The Animals, e molti altri.
Nello stesso periodo, al di qua dell’oceano, vennero allestiti festivals sull’Isola di Wight, con tre edizioni, dal 1968 al 1970, che videro la partecipazione, nei diversi anni, di artisti come The Jefferson Airplane, band rock psichedelica molto trasgressiva, Joe Cocker, The Band, The Who e Bob Dylan. Quest’ultimo, in particolare, fu accolto come una vera superstar anche dai colleghi inglesi, dai Beatles ad Eric Clapton ai Rolling Stones.
La leggenda narra di una brillante jam session tra Lennon, Harrison e Clapton con annessa sfida a tennis!
La terza edizione, nel 1970, fu forse quella più prestigiosa e sicuramente la più seguita (quasi 600.000 spettatori): si esibirono The Doors, nella loro ultima apparizione europea, Emerson Lake and Palmer, Jethro Tull, Miles Davis e una sfortunata Joni Mitchell, la cui esibizione venne parzialmente disturbata.
Anche l’Isola di Wight, come accaduto per Woodstock, divenne luogo simbolo della cultura hippie, come ricordato nell’omonimo brano dei Dik Dik del 1970.
Tra i nomi illustri che non parteciparono direttamente agli eventi fin qui ricordati, ci fu quello di JohnLennon: aveva chiesto di essere messo in scaletta a Woodstock con la Plastic Ono Band ma il gruppo fu giudicato non all’altezza e non abbastanza famoso! Inoltre i rapporti di Lennon con le autorità americane, in quel periodo, non erano esattamente amichevoli.
Mc Cartney sponsorizzò il Festival di Wight, pur non prendendone parte.
A George Harrison si deve invece l’organizzazione, nell’agosto del 1971, del Concerto per la popolazione del Bangladesh che, colpita da un tremendo ciclone, stava affrontando una catastrofica carestia. Assieme all’amico Ravi Shankar, eccellente suonatore di sitar, Harrison mise in piedi due concerti al Madison Square Garden di New York da cui, fra l’altro, ebbe origine un triplo disco live, eletto disco dell’anno nel 1973. Tra gli ospiti illlustri del progetto, Dylan, Ringo Starr e Clapton. Tuttora i ricavati del disco continuano ad aiutare le popolazioni dell’Africa.
L’iniziativa di Harrison fu la prima di una serie di grandi concerti organizzati a scopo umanitario. Da quel momento, l’impegno degli artisti non si limitò più a dare voce a un desiderio di cambiamento, alla denuncia di soprusi sociali e ad auspicare un mondo migliore ma contribuì, in termini economici, ad aiutare le popolazioni più bisognose. L’esempio più clamoroso in tal senso può essere considerato il Live Aid del 1985, organizzato da Bob Geldof e Midge Ure. Il 13 luglio di quell’anno, in contemporanea al Wembley Stadium di Londra e al John F. Kennedy di Philadelphia, si tenne il concerto più seguito nella storia della musica rock: 2 miliardi di telespettatori. I proventi furono destinati alla popolazione etiope, vittima di una carestia senza precedenti.
In quell’occasione non mancò davvero nessuno! Mc Cartney, Elton John, Madonna, Led Zeppelin, David Bowie, Bob Dylan, Phil Collins… La performance più memorabile, anche a detta degli altri artisti coinvolti, fu quella dei Queen, un’esibizione mozzafiato, tra le migliori del quartetto inglese. I Duran Duran parteciparono con la loro ultima esibizione, gli U2 si imposero all’attenzione mondiale (chi scrive, quel giorno, rimase affascinato dalla sonorità della band e dalla chitarra di The Edge!).
Sempre in aiuto delle popolazioni africane, la parte americana dei musicisti che presero parte al Live Aid, capitanata da Michael Jackson e Lionel Richie, nello stesso anno registrò We are the world, canzone che riscosse un successo planetario.
Un’iniziativa capitanata dagli U2, Sting, Peter Gabriel, Lou Reed, Bryan Adams e la sempre presente John Baez, fu il Conspiracy of Hope Tour del 1986, un tour di 6 date il cui incasso fu devoluto in beneficenza e con l’intento di sensibilizzare l’opinione mondiale sul valore e l’importanza di un’associazione come Amnesty International, che festeggiava il suo 25° anniversario.
Quella generazione di artisti osò anche “intromettersi” nell’operato dei governi giudicati iniqui e razzisti. Fu il caso del concerto al Wembley stadium di Londra dell’11 giugno del 1988, per i 70 anni di Mandela: fu invocata la fine dell’Apartheid in Sud Africa e l’immediata scarcerazione del leader pacifista.
Nel 1985 il singolo Sun City degli Artists United Against Apartheid aveva fatto da apripista in tal senso e anche mostri sacri del jazz, come Miles Davis, Ron Carter e Herbie Hancock, si unirono alla folta schiera di artisti.
Il 27 giugno del 2008, sempre a Londra, si tenne il concerto per i 90 anni di Mandela. Il ricavato andò a sostegno della lotta contro l’AIDS in Africa, e vide anche la partecipazione italiana di Zucchero Fornaciari.
Negli anni, artisti di fama internazionale si sono fatti strumenti di sensibilizzazione e promotori di immense raccolte di fondi a sostegno dei bisognosi. Forse lo hanno fatto per acquisire maggiore fama e popolarità, come qualche malevolo potrebbe pensare, ma restano tutte cose concrete, e sono veramente tante.
Con l’avvicinarsi del Natale, vogliamo ricordare un’ultima iniziativa, quella della Band Aid, nel Natale del 1984, promossa da Bob Geldof e Midge Ure, che riuscirono a coinvolgere artisti del calibro degli U2, Spandau Ballet, Duran Duran, Sting, Culture Club, Phil Collins, George Michael, Status Quo, Paul Young e molti altri : un singolo, a favore della popolazione etiope, che raggiunse la vetta della classifica superando le stesse aspettative dei produttori e sulle cui note vogliamo congedarci alla fine di questa carrellata.